Carolina Ana Trindade Coruche Mendes è nata a Estremoz nel 1987. È una delle calciatrici più rappresentative della nazionale portoghese, che ha raggiunto la prima storica qualificazione alla fase a gironi di Euro2017 in Olanda. La sua carriera è iniziata proprio nel suo Paese, tra Ponte Frielas e 1° de Dezembro, prima di fare il grande salto all’estero. In Spagna, si è messa in mostra con le maglie dell’Estartit e del Llanos de Olivenza tanto da essere notata e acquistata dal Riviera di Romagna dove è stata fin da subito la protagonista assoluta della sua squadra. Successivamente passa al Rossiyanka in Russia e al Djurgårdens IF, una delle più importanti società svedesi.
In questa stagione abbiamo il piacere di vederla all’opera in Pepsideild nelle fila del Grindavík.
Carolina Mendes cerca il goal durante Grindavík - ÍBV (Benóný Þórhallsson - Fótbolti.net)
Il neopromosso club della regione di Suðurnes ha lavorato molto bene in fase di mercato, chiudendo delle operazioni che non fanno pensare a una squadra con l’intento di lottare per la salvezza. Infatti tra le big acquistate spiccano anche le brasiliane Rilany Aguiar da Silva e Thaisa De Moraes Rosa Moreno.
Le ragazze del Grindavík in festa dopo il goal vittoria di Rilany contro il KR (Tomasz Kolodziejski - Fótbolti.net)
Carolina Mendes, oltre ad essere conosciuta sul prato verde, gestisce anche il suo blog "As Viagens da Carol", dove si occupa di una delle sue più grandi passioni: viaggiare. Il blog è molto ben curato ed è un’ottima guida introduttiva a diversi luoghi che ha avuto il piacere di visitare (Qui un articolo sull'Islanda tratto dal blog di Carolina Mendes).
Noi di Calcio Islandese e Faroese l'abbiamo intervistata, e questo è ciò che ci ha raccontato a proposito della sua carriera da calciatrice e non solo in giro per l'Europa.
Ciao Carolina! Hai giocato in diversi Paesi europei: Portogallo, Spagna, Italia, Russia, Svezia, e adesso Islanda. Che differenze hai riscontrato in questi campionati?
Ci sono molte differenze, ma in fondo si tratta sempre di calcio! Alla base ci sono idee diverse e modi diversi di allenarsi. Nei Paesi nordici c'è un calcio più fisico probabilmente, mentre in Italia, Spagna e Portogallo si gioca un calcio più improntato alla tecnica.
Ora giochi in Islanda, in un club ambizioso come il Grindavík. Sia in ambito femminile che maschile, il club sta collezionando buoni risultati. Qual è il vostro obiettivo e cosa ti aspetti da te stessa?
Sì, è una squadra nuova che si affaccia nella massima serie, siamo un team di qualità e mi aspetto di dare una mano al club a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Per farlo, c'è da lavorare duro: siamo una squadra molto giovane e abbiamo tanta qualità, ma dobbiamo ragionare partita dopo partita. Vedremo quindi dove potremo arrivare, ma proveremo a concludere tra le prime cinque.
Che ricordi hai dell'esperienza in Italia con il Riviera di Romagna dentro e fuori dal campo? Segui ancora il campionato italiano?
Amo l'Italia: ho ancora amici lì, e sì, seguo tuttora il campionato italiano. Ho davvero bei ricordi dell'esperienza al Riviera: disputammo una bella stagione, e l'amalgama di gruppo fu la chiave del nostro campionato. Mi piacerebbe tornare in Italia, un giorno. Il più bel ricordo sul campo è il match che disputammo contro la Torres. Fuori dal campo ho condiviso tanti bei momenti con le mie compagne di squadra, fu una stagione incredibile.
Il calcio femminile sta vivendo un periodo di espansione, ma l'attenzione dei media è ancora palesemente inferiore rispetto a quella riservata ai vostri colleghi uomini. Secondo te, è principalmente un problema culturale? Come può essere risolto?
Il calcio femminile sì, è in espansione, ma sussistono ancora dei problemi culturali a riguardo nella nostra società. Passo dopo passo, la gente sta man mano accettando il fenomeno del calcio femminile, ma ci vuole tempo. Ad esempio, in Portogallo sta cambiando la mentalità di investire nel nostro sport: c'è più supporto per le squadre, e anche i grandi team hanno iniziato ad aprire le porte al calcio femminile. Si sta creando l'interesse per portare gente allo stadio: per esempio c'erano 10mila persone allo stadio per assistere a un match di campionato tra le due squadre più importanti di Portogallo. Diciamo che stiamo andando verso la direzione giusta, ma ci vorrà ancora del tempo.
In Italia, il calcio femminile è poco seguito e non è considerato a livello professionistico. In Islanda, invece, è uno sport considerato allo stesso livello del calcio maschile, anche da parte della stampa. Basti pensare che ci sono più calciatrici in Islanda che in Italia, nonostante la grande differenza di popolazione! Come ti spieghi questa differenza di interesse? L'hai potuta constatare con i tuoi occhi?
E' una questione sia di cultura che di voglia di investire. Qui in Islanda, quando sono arrivata, mi ha impressionato vedere più di cinquanta ragazze di dieci anni giocare a calcio. E' una cosa che in Italia sembra impensabile. Qui c'è la possibilità di giocare a pallone sin da piccole, a partire dai 6, 7, 8 anni, con una squadra femminile. In Islanda è la normalità, ma in altri Paesi non è possibile. Ciò avviene perché, in diversi Paesi, molte persone guardano al calcio femminile abbracciando la mentalità secondo cui il calcio non sia fatto per le ragazze. Al contrario, qui in Islanda le ragazze hanno le stesse opportunità dei maschi. Per me è fantastico vedere così tante giovani ragazze giocare a pallone e calcare i campi di calcio.
E invece, com'è la situazione in Portogallo a proposito di calcio femminile?
In Portogallo ci sono stati molti cambiamenti ultimamente. Stiamo facendo grandi passi in avanti, ma c'è ancora molto lavoro da fare. Abbiamo due grandi squadre, e stiamo guadagnando in visibilità: adesso ci sono molte più persone allo stadio a vedere le partite. La Federazione sta supportando molto le Nazionali, e i risultati stanno arrivando: infatti, per la prima volta ci siamo qualificate agli Europei femminili. Anche questo è un fatto che servirà a darci visibilità. Le persone stanno cominciando a guardarci con occhi diversi. Lo ritengo anche un grande passo in avanti che può cambiare la nostra cultura: sono battaglie per cui si combatte da tanto tempo, e le cose stanno finalmente cambiando.
Parliamo adesso di Europei: dove pensi possa arrivare il tuo Portogallo? E, secondo te, quali sono le favorite per la vittoria finale?
Come ho detto, è la prima volta che partecipiamo a questa competizione. Ma non ci siamo arrivate per caso: è per via delle nostre qualità che siamo qui. Non siamo qui solo per fare presenza: vogliamo mostrare a tutti cosa siamo capaci di fare, e andare più avanti possibile. Le favorite? Secondo me sono Germania e Spagna.
Come abbiamo accennato prima, hai giocato a lungo all'estero. Pensi di fermarti in Islanda, o il tuo obiettivo è di fare esperienze in altri Paesi?
Se sarò in grado mi piacerebbe misurarmi con il calcio di altri Paesi: vedremo il futuro cosa ha in serbo per me. Per ora sono concentrata solo sul Grindavík, e farò del mio meglio per aiutare il club a raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti.
Che differenza c'è tra la Carolina che muoveva i suoi primi passi da calciatrice in Portogallo, e la Carolina di oggi, che invece è un faro della Nazionale portoghese e si appresta a vivere un Europeo da protagonista?
Beh, c'è sicuramente una grande differenza, perché quando ho iniziato lo facevo solamente per divertimento. Adesso sono una professionista: certo, ho la stessa passione di un tempo, ma adesso il calcio è diventato il mio lavoro, quindi devo guardare allo sport con un occhio diverso. Spero di essere convocata in Nazionale per la fase finale dell'Europeo, sarebbe la mia prima volta in una competizione simile: sarebbe una grande emozione.
Come ti vedi a qui a dieci anni? Pensi di rimanere nel mondo del calcio dopo la fine della tua carriera agonistica?
Penso che sarò la stessa ragazza di sempre, con molti sogni, tante idee e tutta la vita da vivere. Non avrei mai pensato di arrivare così lontano nel calcio. Ho iniziato molto tardi a praticare questo sport, avevo già sedici anni, e a quel tempo il calcio femminile era molto meno sviluppato. Non c'era calcio professionistico, ero una dilettante e giocavo solo per divertimento. Ho sempre avuto il sogno di diventare professionista, e ci sono riuscita. Quando concluderò la mia carriera forse vorrò rimanere nel mondo nel calcio, o forse vorrò prendermi una pausa...ancora non lo so. Sono sicura che affronterò nuove sfide quando appenderò gli scarpini al chiodo. Per ora, mi godo il momento: l'anno scorso è stato uno dei miei migliori, a livello personale, per i risultati raggiunti con la squadra e con la mia Nazionale...spero di continuare così per diversi anni.
Chiudiamo con la tua grande passione: i viaggi. Proprio su questo argomento gestisci un blog personale, "As Viagens da Carol" (in portoghese: "i viaggi di Carolina", ndr). Puoi dirci qualcosa di più a riguardo? Quali sono i posti che hai visitato che ricordi con maggiore piacere?
Sì, la mia altra passione è viaggiare, e quando il calcio mi dà l'opportunità di farlo ne approfitto. Certo, questo vuol dire stare lontano tutto il tempo dalle persone che amo, ma è stata una mia scelta. Da quando viaggio così tanto sento la necessità di mostrare alle altre persone la mia passione, così ho aperto la mia pagina e ho cominciato a scrivere sul mio blog, "As Viagens da Carol" appunto. Così, la gente può vedere un altro aspetto della mia vita fuori dal campo. L'ultimo viaggio che ho fatto, in particolare, è stato in Madagascar, ed è stato speciale perché l'ho intrapreso insieme ai miei fratelli.
Carolina Mendes in azione durante KR - Grindavík (Tomasz Kolodziejski - Fótbolti.net)
https://futebolfemininoabrantes.blogspot.pt/2017/05/futebol-feminino-com-visao-de-carolina.html
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