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lunedì 28 luglio 2014

Storie mondiali: Islanda e Isole Fær Øer. Ricordando che il calcio è unione, non guerra.

Sono tempi bui, i nostri. Sono tempi in cui non possiamo dire di vivere male, ma neanche che siamo felici. Guardiamoci attorno e vedremo tanti mondi diversi l’uno dagli altri. È l’era della globalizzazione, l’era in cui tutti possiamo conoscere tutto in maniera immediata; la parola d’ordine per accedere al nostro mondo è contatto. Siamo tutti connessi a una rete di rapporti digitale e virtuale, tutti vicinissimi, eppure siamo ognuno lontano sempre di più dall’altro. Probabilmente siamo più vuoti di quanto non sentiamo di essere e fingiamo il contrario. Io scrivo di calcio, perchè questo è quello che devo fare, eppure non posso ignorare le grida delle persone che vivono in disperazione, nella paura che una bomba cancelli la loro già travagliata esistenza. Non posso ignorare il rumore dei fucili dei fratelli che sparano contro i loro fratelli, e centinaia di bambini inceneriti come pezzi di legno da ardere, per alimentare il fuoco della guerra. E non posso farlo proprio perchè scrivo di calcio.
Una cartina dell'Islanda colorata con i colori della bandiera islandese: l'ultimo articolo del ciclo sulle nazionali nordiche parla delle due nazioni a cui è dedicato il blog. L'immagine dei colori della bandiera è per rimandare anche al discorso extra-calcistico qui affrontato


Sarebbe troppo facile ignorare il resto del mondo e concentrarsi unicamente su un gioco. Eppure non posso farlo, perché lo stesso gioco di cui devo parlare mi invita a tenere sempre presente che più importante del gioco stesso sono i giocatori. Lo sport è nato migliaia di anni fa, così lontano nel tempo che la nostra mente viaggia a fatica nei meandri della storia. Ma perché è nato? O meglio, perché è stato inventato? La prima competizione sportiva fu bandita dai greci nel 776 a.C., ed era una competizione religiosa, organizzata in onore di Zeus. Ma durante l’Olimpiade le guerre venivano sospese e tutti i Greci, che normalmente si consideravano stranieri, si univano. Nel 1896 un barone francese, Pierre de Coubertin, espose al congresso dell’Università della Sorbona la sua idea di ricostituire le Olimpiadi, cancellate dall’imperatore Teodosio I nel 393 d.C.; de Coubertin voleva trovare un modo di avvicinare le nazioni, di permettere ai giovani del mondo di confrontarsi in una competizione sportiva, piuttosto che in guerra. Ma le Olimpiadi non impedirono le guerre. Poi nacque il calcio, e furono istituiti i Mondiali.
 
Ebbene, lo sport è un fatto umano, e come qualsiasi prodotto dell’ingegno umano è imperfetto. Eppure è sempre essenziale ricordare qual è lo scopo dello sport, e, nella fattispecie, del calcio: unire. Unire, non dividere. Amare la propria squadra, non odiare le altre. Rispettare l’avversario, non insultarlo. Confrontarsi con le proprie doti seguendo le regole, con un certo fair play, non attaccando in maniera incontrollata e aggressiva. In una parola, non dividere, ma “unire”, appunto. Che voi siate italiani o no, non ha importanza. Che siate uomini o donne; che siate bianchi o neri; che siate alti, bassi, grassi o magri; che abbiate gli occhi a mandorla, la pelle bianca gli occhi azzurri e i capelli biondi; che siate etero, gay, lesbiche, bisessuali o trans; che siate ebrei, musulmani, cristiani, atei, tutto ciò non importa. Se volete potete lasciarvi tutto alle spalle. Solo di una cosa non potremo mai fare a meno: siamo umani, e la nostra umanità ce la portiamo dietro ovunque andiamo.Quindi ovunque stiamo andando, andiamoci insieme, specie se andiamo in paesi il cui pacifismo è cosa nota.

Ci troviamo tra il Mar di Norvegia e il  nord dell’Oceano Atlantico, circondati da Scozia, Norvegia e Islanda. Qui, tra i flutti ghiacciati del nord Europa si nasconde un arcipelago di 18 piccole isole, le Fær Øer. Uomini dal temperamento glaciale, anche i faroesi praticano e amano il calcio: la FSF, la federazione calcistica delle isole, fu fondata nel 1979; pochi anni dopo, nel 1988 la nazionale fece il suo debutto ufficiale contro l’Islanda, perdendo per 1-0. La storia della nazionale faroese è breve, e per adesso, non possiamo leggerci successi interessanti tra le sue righe. Già nel 1992 la nazionale si fece notare battendo l’Austria nel girone di qualificazione degli Europei. Dopo aver giocato diverse buone partite, tra cui anche quelle di andata e ritorno contro la nazionale italiana, messa a volte in seria difficoltà, i faroesi hanno ottenuto una notevole vittoria casalinga contro la nazionale lituana, per 2-1 nel girone di qualificazione per i mondiali del 2010. L’anno dopo batterà anche l’Estonia per 2-0 e successivamente sfiorerà ancora il pareggio contro l’Italia. Piccola nazionale, può vantare di aver avuto tra i suoi allenatori calciatori illustri: uno di questi è sicuramente Allan Simonsen, l'unico calciatore ad aver segnato nelle finali delle tre maggiori competizioni europee, giocatore tra l’altro del Borussia Mönchengladbach e del Barcellona (abbandonato all’arrivo di Maradona), ha vinto 3 campionati danesi, 3 campionati tedeschi, 1 coppa di Spagna, 2 coppe UEFA e il pallone d’oro nel 1977; ha poi allenato Vejile, Fær Øer e Lussemburgo. Altri allenatori sono stati Henrik Larsen, anch’egli danese, e Brian Kerr, danese (da ricordare anche Martin Olsen, faroese e Lars Olsen, che abbiamo già incontrato in precedenza (ha vinto gli Europei del 1992 con la Danimarca). La nazionale faroese può vantare di avere dei calciatori davvero “attaccati alla maglia”, come si suol dire, appassionati, che giocano per la voglia di giocare e di divertire la propria nazione: diversi calciatori della nazionale, infatti, pratican il calcio a livello no professionistico e per questo hanno anche un altro impiego nella vita quotidiana. L’ex ct Martin Olsen su citato, ad esempio, è un elettricista, Jacobsen è un carpentiere, mentre il portiere Mikelsen è un insegnante; la’ltro portiere, invece, Gunnar Nielsen è un giocatore professionista, che è stato comprato anche dal Man. City, mentre l’attaccante Edmundson ha giocato nel Viking e nel Newcastle. Una nazionale che può crescere e potrà far vedere cose interessanti nei prossimi anni.

Un’altra nazionale in crescita è sicuramente la nostra Islanda, quella nazione senza esercito le cui avventure recenti ormai vi saranno notissime.
Più vecchia rispetto a quella farorese, la nazionale islandese è nata nel 1946, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma nonostante sia più “adulta” non è mai riuscita a qualificarsi per la fase finale di un campionato del mondo o europeo. Esordì proprio nel 1946 contro la Danimarca conro la quale perse per 3-0. Prima degli anni duemila sono comunque da ricordare una vittoria contro la Germania dell’est per 2-1 nel 1976 e due vittorie contro la Norvegia nel 1988. Il 2000, invece, si aprì in maniera allettante per gli islandesi che nel girone di qualificazione dell’Europeo arrivarono al quarto posto, pareggiando contro la Francia cmapione del mondo e vincendo contro la Russia per 1-0. L’islanda riveste un ruolo anche nella storia della nostra nazionale in quanto, nel 2004, la prima partita di esordio di Lippi fu giocata e persa, proprio contro l’Islanda per 2-0, sotto gli occhi di ben 20.034 spettatori, record di affluenza per una partita di calcio fino ad allora nell’isola. Dopo due successi contro l’Irlanda del Nord non riuscirono a qualificarsi agli Europei del 2008. Arriviamo così al 2013, quando la nazionale islandese sfiora un risultato storico, quello che chi segue questo blog da più tempo conoscerà sicuramente: nel girone di qualificazione ai mondiali, l’Islanda si ritrova insieme a Svizzera, Slovenia, Norvegia, Albania e Cipro, un girone tutto sommato abbordabile, visto che l’unica a passare al mondiae sarà proprio la Svizzera, poi eliminata agli ottavi di finale dall’Argentina con un bel gol di Di Maria su assist di Messi.

In tutto l’Islanda vince 5 partite e ne perde 3; l’esordio è contro la Norvegia battuta per 2-0 con gol di Arnason e Finnbogason. Battuta da Cipro per 1-0, riesce a prevalicare sull’Albania con un formidabile 2-1, partita combattuta e vinta con un gol strappato all’81 da Sigurdsson. Nel frattempo la Svizzera incede con fare inarestabile e sconfigge prima l’ Albania, poi pareggia con la Norvegia e arriva a vincere con l’ Islanda per 2-0, proprio a Reykjavik. Dopodicè la nazionale, ripresa dalla sconfitta batte la Slovenia e poi gioca una incredibile partita di ritorno contro la Svizzera che termina con un soprendente pareggio, 4-4! Poi batte ancora l’Albania, vince su Cipro e pareggia infine con la Norvegia posizionandosi seconda nel proprio girone, proprio sotto la Svizzera. Il destino della nazionale, come quello della Svezia si deciderà ai playoff.
La prima partita, giocata in casa dai vichinghi termina con un pareggio contro la squadra rivale, la Croazia. Tutto si decide in casa dei coati dove loro reiscono ad avere la meglio e dopo 2 gol gli islandesi vedono sfumare i proprio sogni.D’altronde una sconfitta onorevole è già una ricompensa.
Queste sono le storie di due nazionali che possono ancora crescere e ancora dare tanto, far vedere tanto al mondo.

Qui chiudo il mio ciclo di articoli sulle storie delle nazionali nordeuropee, sperando di aver detto tutto quello che dovevo dire. Ho cominciato il mio articolo con parole di sconforto. Mi riferivo soprattutto ai recenti fatti nel mondo asiatico, in Ucraina, e in Medio Oriente; mondi del tutto diversi da quelli che ho raccontato io, tanto lontani, ma non per questo ignorabili.  Come ho tentato di dire più sopra, forse dilungandomi un po’ troppo, e per questo mi scuso con chi era impaziente di leggere la storia delle sue nazionali del cuore, non sarebbe comunque giusto parlare di calcio, della storia del calcio, e in particolare della storia dei Mondiali, dimenticandosi della storia delle nazioni e degli stati che esistono nel mondo; ma soprattuto dei popoli. Infondo i Mondiali ha effettivamente scandito i tempi del Novecento e probabilmente continueranno a farlo nel 2000. Come ha detto una volta Brian Kerr, “io credo che lo sport sia utile ad aumentare la consapevolezza dei problemi sociali”. È per questo che il calcio diventa anche più di un gioco. Il primo mondiale fu giocato nel 1930, e sembra davvero lontanissimo, quasi un altro mondo. Due mondiali non sono stai giocati perchè la guerra, come sempre la guerra, ci si è messa di mezzo. Abbiamo visto la Germania, prima divisa in due, pou nita, più forte che mai, abbiamo visto i paesi in via di sviluppo, sudamericani, farsi strada solo con il loro orgoglio e il loro talento, le nazioni africane si sono liberate dall’imperialismo, il primo mondiale gicato nel sudafrica di un certo Nelson Mnadela. Abbiamo visto l‘ Italia più ostinata, quella che “non molla mai”, la Francia inarrestabile,  la Spagna invincibile ha visto abdicare il suo re, l’America e l’ URSS in guerra fredda, la caduta dell ‘Unione Sovietica, la guerra in Vietnam, il crollo del Muro, l’ allunaggio, l’Inghilterra che vinceva nei ’60. E adesso questo, ancora una volta mentre guardavamo le partite le urla di terrore e morte ci tornavano alla mente. Perchè erano troppo forti, perchè non potevamo ignorarle. Abbiamo visto molti orrori, troppi, siamo condannati a vederne ancora tanti.

Eppure siamo convinti che un giorno potremo raggiungere tutti quanti, tutti insieme, il nostro destino di pace e fratellanza, e ritrovarci su un prato verde  a giocare a pallone, pensando solo a un futuro di Armonia e Prosperità.

2 commenti:

  1. Complimenti per l'articolo, molto bello davvero. Purtroppo io sono pessimista sul futuro:guerre ci sono da sempre e ci saranno sempre: e`il dna umano.

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    1. Grazie per i complimenti e grazie per averlo letto!
      Per quanto riguarda il tuo pessimismo ti dico che secondo me è fondato, ma credo anche che ogni Uomo è il tipo di uomo che sceglie di essere. Forse un giorno faranno la scelta giusta! D' altronde, come dsiceva Seneca, filosofo romano, "che misera cosa è l' umanità se non sa elevarsi oltre l' umano!"

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