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martedì 14 marzo 2017

La lunga marcia del calcio islandese verso il professionismo - II parte

Nella prima parte della nostra ricerca ci siamo dedicati al capitolo calciatori, molto interessante è anche il capitolo costi. Sempre Halldórsson afferma che il costo medio annuale di una squadra di prima serie sia di 700.000€. Sæmundur Friðjónsson, presidente dello Stjarnan, conferma attribuendo circa 100.000€ di spesa in più per i top team e 100.000€ in meno per le squadre di livello più basso.

La locandina della partita di Champions fra Dundalk e FH sulle gradinate dello stadio della squadra irlandese. I I Lilywhites  sono poi riusciti ad arrivare ai gironi di Europa League (extratime.ie)

Il premio per chi partecipa ai preliminari di Champions è di 550.000€ mentre per quelli di Europa League il contributo è di 200.000€, più 210.000€ per ogni turno che si passa. Premi come questi, per squadre con budget come quelle islandesi, hanno un peso molto più alto rispetto a club di molti altri campionati. Arrivare in Europa può aprire nuovi orizzonti o essere anche una trappola mortale come ha ricordato il presidente dell'FH. La scorsa stagione infatti, i bianconeri avevano tutte le carte in regola per passare il secondo turno dei playoff di Champions e garantirsi un ulteriore turno di play off di Europa League, salvo inanellare due pareggi sciagurati contro il Dundalk. Se la squadra fosse stata costruita dando per acquisito questo risultato, oggi l'FH dovrebbe portare i libri in tribunale.

Un tema molto sensibile del passaggio al professionismo che spesso non viene considerato, ma tutti e tre i presidenti toccano, è quello dello status dei dirigenti. Attualmente presidenti e dirigenti delle società islandesi sono tutti volontari non retribuiti, che ricoprono ruoli di grande responsabilità con poche tutele per sé e per le società che governano. I club islandesi sono per lo più polisportive il cui status giuridico corrisponde alle nostre A.S.D. (associazioni sportive dilettantistiche).

La squadra di basket del KR, autentica schiacci sassi, ha vinto sei degli ultimi dieci campionati (sports.herbalife.com)

Diventare club professionistici comporterebbe una rivoluzione copernicana di questo sistema, con dirigenti stipendiati e dediti ventiquattro ore al giorno al proprio club. Probabilmente questo passaggio consentirebbe il salto di qualità al calcio islandese, più di molti altri investimenti. I problemi sono di natura politica (non esistono società sportive professionistiche in Islanda e lo sport è visto come luogo di aggregazione), giuridica ed economica.

L'ultima questione riguarda l'allungamento del campionato con due possibilità sul tavolo: aumento delle squadre o aggiunta di un ulteriore turno (ogni squadra gioca contro l'altra per tre volte). Attualmente quello islandese è fra i campionati più corti d'Europa. Alle Faer Oer ad esempio dura di più: ci sono dieci squadre ma si affrontano tutte tre volte per un totale di ventisette partite. Allungarne la durata comporterebbe un impiego più lungo per i giocatori che, in linea teorica, sarebbero meno tentati di andare a svernare altrove.

La massima serie islandese era stata allargata da 10 a 12 squadre nella stagione 2008. Nelle nove stagioni successive è successo solo tre volte che almeno una delle due squadre promosse abbia mantenuto la massima serie (nel 2008, nel 2009 e nel 2014). In compenso è successo due volte (2010 e 2011) che le due neopromosse siano tornate entrambe in serie cadetta. Col campionato a dieci squadre c'era un maggior rimescolamento di carte.

Il Keflavik in azione contro il KR. Nell'ultimo campionato disputato in massima serie, nel 2015, gli aeroportuali hanno ottenuto il record negativo di 10 punti in 22 partite (3.bp.blogspot.com)

La nostra valutazione è che in massima serie ci sia un blocco di squadre abbastanza consolidato che non ha difficoltà a mantenerla. Il salto di categoria invece è alquanto ostico e, negli anni, a giocarsi la permanenza sono sempre le stesse squadre. Eclatante è il caso dell'IBV: nelle ultime tre stagioni è sempre arrivato terzultimo (e in due casi si è salvato all'ultima giornata).

Aumentare il numero di squadre a 14 aumenterebbe sì la durata del campionato di quattro giornate (quindi di un mese), ma probabilmente accentuerebbe la divisione della classifica in due tronconi fra chi lotta per le posizioni di vertice e chi per la sopravvivenza, con alte probabilità di finire come l'attuale Serie A: a metà campionato, buona parte delle squadre non ha più obiettivi per cui lottare, rischiando di falsare il risultato finale. Piuttosto avrebbe più senso fare tre gironi di andata, ritorno e ri-ritorno, come già avviene in Finlandia, Faer Oer e Repubbliche Baltiche. La parola passa alla KSI.

Il mitico Hásteinsvöllur, il campo che ospita le partite dell'IBV, ricavato alle pendici di un cratere (pinterest.com)

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