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giovedì 5 maggio 2016

Islanda, la Storia. Capitolo I: la scoperta e i primi insediamenti (VIII-IX sec.)

Con questo articolo inauguriamo una nuova sezione del blog che curerà la storia dell'Islanda.

Per molti di noi la passione per il calcio di questo paese è arrivata in seguito alla scoperta della bellezza di quest'isola. Ci siamo chiesti perché non unire un po' di "sacro e profano" alle nostre pagine, dando a tutti i nostri fedeli lettori degli spunti supplementari per approfondire la nostra passione su di un argomento poco conosciuto come la storia islandese.

Questo è stato possibile grazie ad uno dei nostri collaboratori che ha messo gentilmente a disposizione la sua tesi di laurea sulla Costituzione Islandese, contente un'ampia appendice sulla storia dell'Islanda e pubblicata dalla rivista online "Nordicum-Mediterraneum" dell'Università di Akureyri.

E' con orgoglio che il blog inizia questa avventura, cimentandosi in un tema su cui è quasi nulla la disponibilità di materiale in italiano. Fateci sapere che ne pensate e... buona lettura!

La baia di Skjálfandi, dove approdò Garðar Svavarsson intorno all'860 d.c.(wikimedia.org)

Capitolo I: La scoperta e i primi insediamenti (VIII-IX sec.)

La prima fase della storia islandese è quella di più difficile ricostruzione. Le fonti principali sono le saghe islandesi stesse, per buona parte ritenute molto affidabili dagli storici, nonché i resoconti dei monaci irlandesi dell'Alto Medioevo.

Probabilmente, è proprio attraverso questi ultimi che i vichinghi, durante le loro scorribande sulle coste inglesi ed irlandesi alla fine dell'VIII secolo, scoprirono l'esistenza di altre isole nel Nord Atlantico.
Chi è appassionato dai ritrovamenti dei reperti romani in Islanda, consiglio di cercare informazioni su Kristján Eldjárn che, prima di diventare il terzo presidente della Repubblica Islandese, è stato un importante storico del suo paese. In particolare, consiglio questa tesi di Davíð Bjarni Heiðarsson.
In ogni caso, visitando l'Islanda, vivrete l'emozione di passare nei luoghi citati qui sotto e notare che, dopo dodici secoli, mantengono lo stesso nome e, probabilmente, lo stesso fascino di dodici secoli fa.

L’Islanda è stata fra gli ultimi angoli del nostro globo ad esser abitata. La sua presumibile scoperta avvenne fra l’VIII e IX secolo e fu opera di alcuni monaci eremiti provenienti dall’Irlanda, seguaci di San Brendano di Clonfert detto “Il Navigatore”.

Secondo la leggenda San Brendano passò buona parte della sua vita in viaggio per l’oceano alla ricerca dell’ “Isola dei Beati”, un luogo mitico dove non esisterebbero né dolore né morte. Seguendo la vocazione del loro santo ispiratore, questi monaci partivano dalle coste irlandesi e si cimentavano in spericolate esplorazioni dell’Atlantico Settentrionale. Per lo più seguivano a ritroso le rotte degli uccelli migratori che nel periodo estivo giungevano in Irlanda oppure si dirigevano verso i banchi di nuvole che avvistavano, sperando che queste fossero attirate da eventuali catene montuose. In questo modo furono scoperte (o riscoperte) molte isole della Scozia, le Shetland, le Orcadi, le Fær Øer e la stessa Islanda. In quest’ultima, trattandosi di una terra inospitale e disabitata, non crearono avamposti fissi.

Una recente scoperta però ha creato confusione su chi siano stati realmente i primi a mettere piede in Islanda. La scoperta sull’isola di monete romane risalenti al III secolo d.c. vicino a Bragdavellir stona con quanto appena detto. Si è ipotizzato che fossero stati direttamente i romani a spingersi fino all’ “Ultima Thule”, tuttavia delle ipotesi formulate questa è la più improbabile. Un’ipotesi più credibile prevede che questi reperti furono portati da genti britanniche “romanizzate” e che si erano spinte a nord, ancor prima dei monaci irlandesi o contemporaneamente a loro.[1]

Secondo il Landnámabók il primo norreno ad approdare in Islanda è stato Naddoður, un avventuriero vichingo che durante un suo viaggio verso le Fær Øer venne spinto più a nord da una tempesta. Ciò avvenne presumibilmente fra l’850 e l’860 e Naddoður battezzò l’isola Snæland (“Terra della Neve”). Il suo soggiorno durò pochi giorni e ripartì subito per le Fær Øer. La figura di Naddoður è al centro di numerose leggende infatti stando ad alcune di queste sarebbe stato il primo vichingo a metter piede in Nord America nonché un antenato di Erik il Rosso, padre del Leif Eriksson di cui si parlerà più avanti.

Qualche anno dopo seguì il viaggio dello svedese Garðar Svavarsson il quale stava compiendo un viaggio verso le isole Ebridi e venne investito da una tempesta al largo delle Orcadi. Anche lui venne spinto fortuitamente verso l’Islanda, ma il suo soggiorno fu più prolungato rispetto a quello di Naddoður. Svavarsson, che aveva avvistato la parte orientale dell’isola, la circumnavigò in senso orario. Arrivato l’inverno prima che lui potesse rientrare in patria decise di svernare nella baia di Skjálfandi nel nord del paese. Ribattezzò l’isola Garðarshólmur (“Isola di Garðar”) e ripartì alla volta delle Ebridi, di fatto fu il primo a stazionare in Islanda per un periodo prolungato di tempo, ma non vi rimise più piede.

Secondo alcune fonti durante la permanenza di Svavarsson nella baia di Skjálfandi uno dei suoi uomini, Náttfari, fuggì dal rifugio del suo capo insieme ad un servo ed una serva ed andò a nascondersi dalla parte opposta della baia dove visse stabilmente. Ancora oggi il paese presso il sito dove si sarebbe stabilito si chiama Náttfaravík (“Ruscello di Náttfari”), ma secondo il Landnámabók Náttfari non fu un colono permanente.

L’ultimo viaggio che fu intrapreso prima che partisse la colonizzazione dell’isola fu quello di Flóki Vilgerðarson. Non si sa con precisione quale sia la data del suo viaggio, tuttavia fu sicuramente posteriore a quella di Svavarsson poiché partì appunto per trovare l’ “Isola di Garðar”. Secondo il Landnámabók il suo viaggio iniziò dalle Fær Øer dove Flóki liberò tre corvi. Il primo tornò a terra, il secondo tornò sulla nave, il terzo invece puntò deciso verso nord e fu quello che Flóki seguì. Per questo motivo è stato rinominato Hrafna Flóki (in islandese) o Raven Flóki (in inglese, ma adottato dalla storiografia in generale, significa “Flóki il Corvo”).

Durante il suo viaggio venne accompagnato da tre amici (Þórólfur, Herjólfur e Faxi) ed arrivò in una grande baia nel sud ovest del paese che ancora oggi si chiama Faxafloi (“Baia di Faxi”). Non approdò sulle rive della baia ma proseguì fino alla penisola più a nord, l’odierna Vatnsfjörður, dove restò per circa due anni ed esplorò il territorio circostante il suo campo.

Durante una delle sue escursioni salì sulla vetta di un monte dal quale poté ammirare il panorama dell’isola. Flóki vide i ghiacciai che coprivano buona parte di quella terra nuova e rimase impressionato dagli iceberg che solcavano numerosi le acque dei fiordi. Folgorato da quel panorama di ghiaccio decise di battezzare l’isola con un nuovo nome, nome che è tutt’oggi Ísland (“Terra dei Ghiacci”).

Con il viaggio di Hrafna Flóki si conclude il ciclo di viaggio d’esplorazione di questa isola selvaggia. Coloro che in seguito giunsero in Islanda non erano più avventurieri o marinai, ma veri e propri coloni. Essi erano soprattutto nobili che scappavano dal nuovo regime instaurato in Norvegia da Harald “Bellachioma” nella seconda metà del IX secolo. Erano i primi islandesi.

Fabio Quartino
La Costituzione Islandese: storia ed evoluzione
Università degli Studi di Genova, 2009
&
Nordicum-Mediterraneum
Icelandic E-Journal of Nordic and Mediterranean Studies

2 commenti:

  1. Bellissima iniziativa davvero. Se posso suggerire un testo invito a leggere "la stirpe di Odino" di Jesse Byock pubblicato negli oscar Mondadori. Tratta in maniera molto approfondita della storia sociale ed economica islandese tra la colonizzazione e la fine dello stato libero d'Islanda (inizio del XIII secolo).
    Egill

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  2. Mi sono imbattuto in questo blog casualmente cercando i risultati delle elezioni islandesi. E' uno dei blog più completi che abbia mai trovato. Complimenti per gli articoli di storia, contengono informazioni difficilissime da trovare. Immagino le abbiate recuperate in lingua originale, una vera chicca. Complimenti ancora.
    Ghero

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