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martedì 10 novembre 2015

Alla scoperta dei protagonisti - Intervista ESCLUSIVA a Fabrizio Pratticò, ex portiere del BÍ/Bolungarvík

L'unico italiano che in questa stagione è stato protagonista fra le prime due serie islandesi è Fabrizio Pratticò, portiere, che a 25 anni è già alla sua terza esperienza estera. Cresciuto nelle giovanili della Reggina, è passato dalla Serie B svedese con il Syrianska al Western United delle Isole Salomone (con cui ha giocato anche la Champions dell'Oceania) approdando infine al BÍ/Bolungarvík, squadra di Ísafjörður, la cittadina pù importante dei fiordi dell'ovest. E' arrivato a campionato in corso e la sua è stata un'esperienza tutt'altro che facile sia per la situazione drammatica di classifica della squadra che per il contesto ambientale. I fiordi dell'ovest sono infatti la zona più selvaggia di un paese che, come sappiamo, è già impervio di suo.


Ísafjörður e il suo intreccio di fiordi

1) L'Islanda è stato il terzo campionato estero dove hai militato, dopo Svezia e Isole Salomone. Quali pregi e difetti hai riscontrato nel calcio di questi tre paesi?

Sotto l'aspetto prettamente tecnico, la Svezia è stato sicuramente il paese col livello più alto. Il livello generale della Superettan svedese è molto più vicino alla Serie B di casa nostra di quanto la gente possa immaginare. Basti pensare che la Nazionale svedese Under 21 ha vinto gli ultimi Europei di categoria eliminando, tra le altre, la compagine azzurra. Non ci sono stati lati negativi in questa esperienza, la prima all'estero per me.

Quella delle Isole Salomone, invece, non nego che sia stata inizialmente una scelta dettata dal fattore economico. Poi col tempo ho imparato a innamorarmi di questo paese e della gente che lo popola, sempre sorridente e piena di voglia di vivere. Devo dire pure che avevo sottovalutato la possibilità di vincere un campionato nazionale e l'opportunità di partecipare all'edizione Oceanica della Champions League, un'esperienza che solo chi ha la possibilità di viverla può capire cosa ti può trasmettere a livello emotivo e di adrenalina. Il rovescio della medaglia è che, chiaramente, il livello del calcio da quelle parti era piuttosto basso dal punto di vista tecnico, mentre dal punto di vista logistico e organizzativo la società e lo staff tecnico sono stati fantastici.
In Islanda, infine, l'esperienza è stata non molto positiva sopratutto per la situazione di classifica nella quale si trovava la squadra, e sinceramente pure per il clima: l'ho sofferto molto.

2) Hai vissuto queste esperienze in tre mondi molto diversi uno dall'altro. Come è stata la tua vita in questi tre paesi al di fuori del campo da calcio?
In Svezia ho avuto la fortuna di condividere una casa con una famiglia straordinaria, quella di Fredrik Bagerfeldt, il talent scout del mio procuratore, ai tempi Domenico Mafrica. Fredrik si era proposto di ospitarmi durante il periodo di prova, poi il mio soggiorno si è prolungato di qualche settimana perché ormai ero parte integrante della famiglia. Lui si è preso cura di me anche a livello calcistico, si tratta infatti di un allenatore fantastico come ho avuto modo di conoscerne pochi qui in Italia. Nelle Isole Salomone è stata un'esperienza incredibile che io definisco spesso "lussuosa". La società mi aveva messo a disposizione una stanza d'albergo a cinque stelle e un autista privato per raggiungere gli allenamenti che spesso si tenevano alle sei del mattino o alle sette di sera per scongiurare il rischio afa. In Islanda ho trascorso la maggior parte del tempo a casa, il clima che ho trovato (ovviamente) non era esattamente il più mite e non permetteva grandi passeggiate o scampagnate, a dispetto dei paesaggi meravigliosi che coloravano il grigiore di Ísafjörður. Tanta PlayStation, palestra e sfide di cucina col mio compagno di casa, Junior Prevalus, un ragazzo (è un calciatore) straordinario.

3) Al Bi/Bolungarvik sei arrivato con la squadra in una situazione disperata. Durante la Coppa di Lega aveva una media di quasi quattro goal subiti a partita, in campionato i punti in classifica si contavano sulle dita di una mano. Tutto questo a fronte di una rosa sterminata e con ben diciotto stranieri. Che idea ti sei fatto della situazione che hai trovato?
Quando sono arrivato, in allenamento la squadra non sembrava affatto motivata dall'energia positiva che possono portare tre o quattro nuovi innesti che, in teoria, dovrebbero far alzare il valore della rosa. Nonostante il pareggio interno dopo la mia prima partita, già pensavo che difficilmente ce l'avremmo fatta. Per quanto riguarda i giocatori stranieri ti dico che per me certe cose contano poco, quando c'è unità di intenti, organizzazione tattica, dedizione al lavoro e al sacrificio, amalgama tra gli elementi, professionalità fuori dal campo, voglia di emergere dall'anonimato. Si possono parlare cento lingue diverse in uno spogliatoio, ma il valore dell'uomo è quello che ti fa ottenere i risultati. Forse sotto questo punto di vista c'era qualche problema.

4) Nelle ultime tre partite invece, a retrocessione ormai acquisita, avete ottenuto cinque punti in tre partite e chiuso il campionato in maniera dignitosa. E' stato un caso o è cambiato qualcosa?
Non è stato un caso. Nessuno metteva in dubbio le qualità tecniche della rosa. Il Presidente Samuel aveva allestito una rosa da quinto/sesto posto e non ero io a dirglielo, ma gli intenditori. Quando vinci le partite che non contano nulla e perdi quelle che ti potrebbero fare svoltare una stagione significa che, ripeto, a livello di valori morali e umani, c'è qualcosa che non va, non a livello tecnico.

5) Come valuti nel complesso la tua esperienza in Islanda?
Nel complesso negativa. Tutto sommato avrei potuto fregarmene della situazione e godermi i soldi che il Sig.Samuelsson, mensilmente, trasferiva sul mio conto, ma io non sono così e ho vissuto male, umanamente, la mia esperienza.
A me piace vincere, mi piace allenarmi in un certo modo e fare il professionista a 360 gradi. Non sopportavo l'idea di andare in giro per l'Islanda a fare cattive figure e vedere gente che se ne fregava altamente. Non lo trovavo rispettoso nei confronti della città, i tifosi, ma sopratutto nei confronti di un Presidente che, personalmente, non mi ha mai fatto mancare nulla. Come vedi, io sono una persona molto diretta che dice sempre quello che pensa.

6) Credi che il BÍ/Bolungarvík riuscirà a tornare subito in 1.deild o è destinato a rimanere nell'anonimato a lungo?
Credo che, nonostante il livello del calcio islandese stia raggiungendo picchi inimmaginabili (la qualificazione della Nazionale ai prossimi Europei ne è la dimostrazione più chiara), la terza divisione è un campionato che, secondo me, con un pizzico di intelligenza, si può vincere facilmente. Rimarranno tanti giocatori della scorsa stagione che per la terza divisione sono ottimi e poi Samuel è uno che di calcio ne capisce, ha gli agganci giusti e una fitta rete di agenti pronta a procurargli giocatori importanti. Gli auguro solo di avere la fortuna di scegliere gli uomini giusti, questa volta.

7) Quale è il livello medio del campionato di 1.deild? C'è qualcosa che ti ha impressionato particolarmente?
Il livello medio delle squadre di 1.Deild credo sia paragonabile alla Lega Pro italiana. Poi è chiaro le squadre di bassa classifica erano più scarse, anche se questo è un discorso generale che a me non piace molto fare, perché per esempio il calcio islandese è profondamente diverso da quello italiano: molto più fisico, caratteriale, molto meno tattico e tecnico. Mi ha colpito il carattere forte dei giocatori, la fisicità e il modo rude di giocare, l'esaltarsi di fronte alle intemperie del clima. Era tutto molto surreale per me, ma anche bellissimo da vivere, tutto sommato, per chi come me fa questo di mestiere.

8) Attualmente sei svincolato, hai già qualche idea per il futuro? Preferisci continuare a girare per il mondo o ti piacerebbe trovare una collocazione stabile per un periodo un po' più prolungato?
Purtroppo per motivi che riguardano le altre federazioni non ho potuto firmare a Malta e in Ungheria a Settembre, mentre ho rifiutato un'offerta dalla Norvegia a Ottobre perché non interessato. Attualmente sono svincolato perché per motivi di regolamento, in Italia non posso essere tesserato con nessuna squadra fino a Dicembre, sempre perché qui a livello burocratico non ci facciamo mancare mai niente. Altrimenti avrei accettato il mese scorso la proposta di un paio di squadre di Serie D vicino casa per divertirmi e rimanere allenato durante questo periodo di sosta forzata durante il quale i mercati internazionali sono chiusi. Mi sto dedicando all'università, alla mia famiglia e ho intrapreso una nuova esperienza, momentanea ma interessante per il futuro: allenare i ragazzini, faccio l'istruttore in una scuola calcio. Poi a Dicembre apriranno alcuni mercati in Asia e Centro America, so che i miei procuratori sono già al lavoro in questo senso, quindi sono tranquillo e mi godo il momento di relax a casa.

9) Quale è il tuo sogno professionale per il futuro?
Sicuramente un sogno era quello di giocare in Ungheria, a Budapest per la precisione, e ci sono andato vicinissimo a Settembre, ma alcune regole di tesseramento internazionale non mi hanno permesso di trasferirmi dall'Islanda. Mi dovrò concentrare sul mio sogno di giocare in tutti i continenti, adesso mi mancano Asia e America, a fine carriera penserò anche all'Africa. Infine, vorrei disputare almeno un'altra stagione in Serie B in Italia, prima di smettere, a quarant'anni. Se starò bene fisicamente vorrei arrivare fino a quell'età.

10) Come è il Bel Paese visto dal Mare del Nord e dall'Oceano Pacifico?
Come vuoi che ci vedano? Non si spiegano come sia possibile che un paese così bello, con una storia e cultura così antiche e importanti, un paese così amato e invidiato in tutto il mondo, sia combinato in questo modo oggi. Così ci vedono.

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