Ma ora vi lascio alla lettura del pezzo d'esordio del mio amico, che si occuperà delle nazionali nordiche ai mondiali: partiamo con la Svezia!
Il logo dei mondiali di Svezia 1958 |
Una volta lo scrittore irlandese George Bernard Shaw disse “il calcio è l’arte di comprimere la storia universale in 90 minuti”. Tanti, forse troppi, hanno provato a spiegare la magia del calcio, ma ancora nessuno è riuscito a rivelare quel fitto mistero che si cela dietro la magia di un calcio ad un pallone. Rimaniamo increduli , a bocca aperta, ad ammirare lo spettacolo di uomini e donne che si radunano per dare vita a qualcosa di grandioso, una partita di calcio, ma la stessa formula che rende una finale dei Mondiali così esaltante, è la stessa che sta alla base dell’alchimia tra un bambino e il suo pallone, col quale gioca in cortile. E allora, visto che come ci ricorda Federico Buffa "I Mondiali hanno scandito i tempi della nostra vita, e scandiranno quelli di chi verrà", quale evento calcistico migliore dei Mondiali Fifa per ricordare la storia di una grande nazionale scandinava, quella svedese, che proprio agli ultimi due Mondiali, quelli del 2010 e quelli ancora in corso, del 2014, non è riuscita a qualificarsi?
Sebbene la nazionale svedese non sia mai riuscita a vincere
la coppa del mondo, si può senza dubbio dire che sia stata, nella sua storia,
una delle nazionali più costanti e valide al mondo. Basti pensare, che tra
Mondiali, Europei e Olimpiadi, ha sovente giocato un calcio di qualità, seppur
non eccezionale, che l’ha portata a raggiungere posizioni davvero ottime nelle
migliori competizioni mondiali. La prima partita internazionale della Svezia fu
contro la vicina Norvegia, giocata il 12 luglio del 1908 e vinta con un
incoraggiante 11-3; purtroppo le seguenti tre partite furono tutte perse,
contro Inghilterra, Paesi Bassi e Belgio. Lo stesso anno partecipò alle Olimpiadi
e, malgrado la sconfitta contro l’Inghilterra per 12-1, la peggiore della loro
storia, riuscirono a posizionarsi quarti. La loro prima grande impresa verrà
però celebrata nel 1924 quando riusciranno a vincere la medaglia di bronzo,
sempre alle Olimpiadi: dopo aver vinto 5-0 contro l’Egitto ai quarti, la Svezia
fu battuta solo 2-1 dalla Svizzera (che
arriverà seconda dopo l’Uruguay), mentre riuscirà a imporsi sui Paesi Bassi con
un tre a uno che le regalerà il primo podio della sua lunga storia. Ma saranno
i Mondiali a regalare la gioia più grande agli svedesi: qualificatisi per la
seconda volta al torneo nel 1938 riusciranno a farsi strada, trascinati da un
attacco capace di segnare anche sei goal, con Tore Keller e Gustav Wetterström,
fino alla finalina giocata contro il Brasile, che in futuro sarà un personaggio
importante nella storia di questa nazionale. Il Brasile, che non sarà
praticamente mai sconfitto dai giallo-blu, vincerà per 4-2 e gli svedesi
dovranno accontentarsi di un onorevole quarto posto.
Incredibile invece è la storia che bisogna racontare del
decennio che va dal 1948 al 1958. Dopo essere arrivati agli ottavi di finale
delle Olimpiadi, nel 1936, questa volta gli svedesi si ripresentarono alle
Olimpiadi del 1948 e, se non si può dire
che espressero il calcio migliore della loro storia, è certo che raggiunsero il
risultato più gratificante, al termine di un campionato che regalò non poche
emozioni: dopo aver vinto contro l’Austria per 3-0, all’Hart Lane di Londra, i
giallo-blu affrontarono la Corea, sconfiggendola con un grandioso 12-0,
risultato mai eguagliato in seguito dagli svedesi. In semifinale incontrarono
un’audace Danimarca, che dopo aver aperto le marcature con Seebach al 3’ minuto
di gioco, si vide rimontare e surclassare con una furia incredibile, nel giro
di mezz’ora e poco meno, dagli avversari, che a chiusura di primo tempo
firmarono il 4-1 con doppiette di Carlson e Roses. A nulla servì alla Danimarca
il gol al 77’, perché gli svedesi riuscirono a chiudere la partita da vincenti
e a sbarcare al Wembley Stadium di Londra, dove, davanti a 40.000 spettatori
sfidarono un’accanita Jugoslavia, che sconfissero per 3-1 con reti di Gren e
Nordhal, che furono, tra l’altro, due importanti giocatori anche nella nostra
serie A: entrambi passarono al Milan nel 1949, dove il primo fu soprannominato
il Professore, il secondo, il Pompiere (lavoro che faceva in patria). Gren
giocò poi nella Fiorentina e nel Genoa, mentre Nardhal fu Capitano dei
rossoneri, vinse due scudetti e una Coppa Latina, segnò in totale 225 gol in
Serie A (di cui solo due rigori!), conquistando cinque volte il titolo di
capocannoniere. Non bisogna scordare, infatti, che con Gren e l’altro
connazionale Liedholm, formava il trio GRE-NO-LI. In oltre con la nazionale svedese
segnò ben 43 gol in sole 33 presenze. Anni incredibili, quelli, per il calcio,
un calcio del tutto diverso da quello moderno, ovviamente, ora più che mai
fenomeno di massa e florido territorio imprenditoriale atto a far guadagnare
club sempre più ricchi. La Svezia di
quell’anno era comunque formata da elementi eccezionali: oltre i tre già citati
anche Carlsonn vinse poi due titoli spagnoli con l’Atletico Madrid, Rosen, che
giocò nel Torino, Andersson, che giocò nella Roma, e poi Emanuelson che vincerà
due campionati svedesi da allenatore e Bengtsson che vinse due volte il
campionato francese col Nizza. La Svezia conquistò il suo primo trofeo
calcistico, ma la gioia non finì lì. Nel 1950, sconfiggendo la Spagna per 3-1
ottenne la medaglia di bronzo ai Mondiali (con una squadra composta da
dilettanti), e 8 anni dopo, tentò ancora una grande impresa: solo guardando la
fase a gironi non si può non toccare un altro pezzo della storia del calcio
Italiano; la Svezia, che organizza e ospita i Mondiali, già qualificata vincerà
il girone con un pareggio e due partite vinte, ma la doppietta più celebre è
quella di Kurt Hamrin contro l’Ungheria. Non si può non raccontare ancora la
grande storia di un calciatore come questo: quinto figlio di un imbianchino,
Kurt lavorò da adolescente come operaio e poi come zincografo presso un
giornale, dopodiché si avvicinò al mondo del calcio grazie a Per Kaufeldt, sei volte
capocannoniere del campionato svedese e medaglia di bronzo alle Olimpiadi del
1924. Nella sua carriera ha giocato all’AIK dal quale passò alla Juventus, poi
al Padova, alla Fiorentina e ancora al Milan e persino al Napoli, per poi
tornare all’IFK Stoccolma nel 1972. In Italia vinse 1 campionato con la maglia
del Milan nel ‘68, 2 coppa Italia con la Fiorenteina, 1 coppa dei campioni,
sempre col Milan, 2 cope delle coppe e 1 coppa delle alpi. Oggi è ancora vivo,
e vive a Coverciano, ma nella sua carriera ciò che non scorderà mai sarà il
titolo di capocannoniere vinto proprio con la Svezia ai Mondiali del 1958: con
quattro reti realizzate contro Ungheria, Unione Sovietica e Germania
Occidentale (scartando sei difensori). Dopo una storica vittoria contro l’URSS
per 2-0, ecco che i giallo-blu si ritrovarono ad affrontare un nemico
considerato ancora oggi, tra i più temibili: secondo Gary Linkener
«Il calcio è un gioco molto semplice. 22
uomini inseguono una palla per 90 minuti ed alla fine vincono i tedeschi». La partita di semifinale contro la Germania
ovest, campione del mondo in carica, si giocò all'Ullevi di Göteborg con un
pubblico plaudente di ben 50.000 spettatori. Quella che fu ricordata come la
partita più bella del mondiale vide la prima palla gonfiare la rete al 24’ con
un goal di Shafer, giocatore del Colonia. Ecco che al 32’ Skoglund pareggia i
conti e chiude il primo tempo sul risultato dell’ 1-1. È all’inizio del secondo
tempo, però che la Svezia sfrutta un gran colpo di fortuna: l’arbitro Zsolt
espelle Juskowiak, e i tedeschi rimangono in 10. Saranno poi proprio Gren e Hamrin
negli ultimi 10 minuti della partita a far trionfare la nazionale.Dopo aver vinto 3-1 gli svedesi arrivarono in finale. La gioia era al massimo, tutti stavano facendo del loro meglio, e le vittorie erano arrivate tutte. Quando arrivi a giocare la finale di un mondiale ti trovi a metà tra il sogno e la realtà: quel momento, quel fragilissimo momento in cui tutto ti appare possibile, ma allo stesso tempo continui a pensare che sia impossibile. Ma quando valichi le barriere dell’impossibile e ti ritrovi nella terra della gloria, nella sfolgorante luce della storia, sai che il viaggio è stato lungo e difficile, sai che ci sono stati momenti in cui hai rischiato di non farcela, momenti in cui tutto sembrava perduto; eppure caduto, ti sei rialzato, e hai continuato a combattere, perchè c’era qualcosa in cui credevi, qualcosa che volevi, qualcuno, magari, per cui vincere. E ora sei là, hai vinto la tua guerra, hai vinto il duello con te stesso. Un giorno Dino Zoff disse: «In mezzo al Bernabeu, con la Coppa tra le mani arrivai a capire cos’era la felicità”. Ecco, gli svedesi erano arrivati alla fine della maratona. Potevano tagliare il nastro dell’arrivo. Potevano, ma non avevano fatto ancora i conti con un uomo, anzi, un ragazzo di neanche 18 anni: il suo nome era Edson Arantes do Nascimento, ma forse ne avete sentito parlare come Pelè. “come si scrive Pelè?” gli chiesero, “D-I-O” rispose lui, nel 1970. Pelè aveva già segnato il gol dell’ 1-0 contro il Galles ai quarti, mandandolo a casa, poi una tripletta in semifinale contro la Francia, e adesso era lì, al Rasunda, e stava per scrivere la storia del Brasile. Aprì le marcature la Svezia con Lieldhom, subito, al 4’. Al nono però Vavà pareggia subito i conti. E poi solo i brasiliani: Vavà si ripete al 32’, poi Pelè cala il tris al 55’, infine Zagallo al 68' sembra chiudere le danze. La Svezia però non molla, si risveglia, e all’80’ accorica le distanze con Simonsson. Ma è tutto inutile, perchè il fenomeno dà il colpo di grazia agli svedesi al 90’ con un gol che rimarrà negli annali della storia (è iniziata la leggenda). È finita, l’arbitro francese Guigue fischia la fine. I brasiliani hanno vinto, è un tripudio verdeoro in quella Svezia che tanto aveva sognato. È il primo titolo dei brasiliani, è il primo secondo posto nei Mondiali della Svezia, e anche l’ultimo. Poi succede qualcosa di strano, qualcosa che oggi non si vede mai, o comunque, con molta difficoltà. Infatti accade che mentre i calciatori brasiliani festeggiano, alcuni di loro corrono tenendo tra le mani la bandiera svedese, invece di quella brasiliana. Si sono forse sbagliati, nella confusione della festa? No, i signori del calcio mondiale stanno rendendo omaggio, con grande rispetto, al loro avversario. Gli svedesi hanno perso, ma hanno combattuto fino alla fine, fino all’80’. Purtroppo, però, lo sappiamo tutti, non si può vincere contro la storia, non si sconfigge una leggenda.
E poi, cosa successe alla nazionale? Gli anni sessanta
furono disastrosi, non si qualificarono nemmeno. Nei Mondiali dei 70’ non
superarono mai il secondo turno, ma un partita in particolare è da ricordare,
quella contro i tedeschi: a Dusseldorf, davanti 60.000 spettatori, diedero
ancora filo da torcere ai tedeschi. Ma questa volta furono loro a vincere,
seppure riconobbero che gli scandinavi avevano dato molto filo da torcere. Negli ottanta ancora non si qualificarono.
Poi venne il ‘94, e gli svedesi di nuovo ricominciarono la loro calvalcata, il
loro inseguimento al trofeo. E chi poteva essere mai la squadra che avrebbero
incontrato alle semifinali? Ancora una volta il Brasile, col quale aveva
pareggiato nella partita del girone. Ancora una volta il Brasile vinse e passò
in finale (purtroppo sappiamo tutti come andò a finire quel mondiale). Gli
svedesi giocarono la finalina contro la Bulgaria eliminata dall’ Italia, e
vinsero 4-0, con gol segnati tutti nel primo tempo. La Svezia segno più di tutti
in quel mondiale, 15 goal, e nel Ranking Fifa, quell’anno, era al secondo
posto.
E oggi?
La Svezia non ha finito di sfornare talenti Mondiali. Il più
famoso tra questi è senz’altro lui, Zlatan Ibrahimovic. Nato nella Svezia
meridionale, padre bosgnacco, madre croata, non è arrivato alla fine della sua
cariera che può già guardare la bacheca dei suoi trofei e ritenersi più che soddisfatto.
Gli mancano solo due coppe: la Champions, che incredibilmente non ha mai vinto,
e poi la Coppa del Mondo. Uomo dal
carattere piuttosto difficile, personalità spigolosa, un ego gigantesco, ha
recentmente dichiarato: «Un Mondiale senza di me è poca cosa, non c’è davvero
nulla da guardare e non vale nemmeno la pena aspettarlo con ansia». I Mondiali che si stanno giocando quest’anno,
infatti, tra i numerosi eccellenti esclusi (alcuni come Bale, Falcao, Strootman,
Ribery, Rossi, Nainggolan, Hamsik), conta anche lui. “dare to Zlatan” si suol
dire. Ma com’è possibile che la Svezia si sia ritrovata fuori dai Mondiali due
volte di fila (2010-2014), ancora una volta? Ibra è entrato nella nazionale
svedese nel 2001, giocando la sua prima contro le Far Oer. Al mondiale del 2006
non segnò nessun gol, e i suoi rapporti con la nazionale andarono
deteriorandosi. Nel 2010 la Svezia si classifica terza nel girone di
qualificazione, e quindi non può accedere alla fase finale, mentre nel novembre
del 2012 Ibra segna in un’amichevole contro l’Inghilterra uno dei gol più
belli, o comunque più difficili, nella storia del calcio, con una sforbiciata
dai trenta metri che fulmina Hart (ha vinto il premio come gol dell’anno). Ad Euro
2012 vinceranno solo contro la Francia, non passando il turno. Nel 2014 arriva
poi la sfida più importante. La Svezia ha giocato un buon girone di
qualificazione, nel quale si ritrova a gareggiare nel gruppo B contro la Germania
con la quale pareggia 4-4 e perde 3-5, giovando anche contro l’Irlanda e
l’Austria. Alla fine arriverà seconda con 20 punti, e dovrà giocarsi gli spareggi
con la seconda del gruppo F, dove prima è la Russia, secondo è il Portogallo.
Incredibile, tutto il mondo è a guardare la sfida tra queste due squadre, non
particolarmente forti, prese nel loro insieme, ma che hanno due campioni
eccezionali: Ibra da una parte e CR7 dall’altra. Ricordiamo tutti come andò a
finire questa storia. Nell’andata, in Portogallo, Ronaldo segna di testa nei
dieci minuti finali, e porta alla vittoria la sua squadra. E mentre la Francia
si gioca il mondiale con l’Ucraina (partita orribile), la Svezia accoglie in
casa il Portogallo. Il risultato è tutto meno che scontato. Due campioni si
affrontano sul campo, l’uno contro l’altro, in palio c’è la qualificazione. Non
solo, però. Perchè in questi giorni, Ronaldo lo sa bene, si decide a chi consegnare
il pallone d’oro del 2013. Messi è favorito, per la quinta volta e per la
quinta volta potrebbe battere Ronaldo. Quest’anno CR7 non ha vinto niente con
il Real, a differenza di quell’anno con il Manchester United. Si gioca tutto in
quella partita, perché sa che se riuscirà a portare al mondiale il Portogallo,
bisognerà riaprire la discussione, bisognarà tenere conto della sua impresa. E
così succede. Nel primo tempo le squadre si affrontano come due pugili attenti
che si studiano nel primo round. Nel secondo tempo, Ronaldo si scatena e segna
il primo gol, in contropiede. Adesso la Svezia sembra spacciata, deve segnare
tre goal per qualificarsi. Ma Zlatan è un campione e decide di fare il
campione: prima pareggia, poi da calcio piazzato segna il 2-1. Adesso la rimonta
è più vicina, gli svedesi devono tenere duro e segnare un altro goal. E Ronaldo
non è d’accordo. Doveva essere molto ispirato quella sera, perchè, praticamente
da solo, segna due goals pazzeschi, un capolavoro. Dopo il terzo non capisce più
niente di quello che succede, e grida e urla, allarga le braccia, poi comincia
a puntare gli indici a terra e urla: “sono io! sono io!” La Fifa, che aveva già
praticamente assegnato il Pallone d’Oro a Messi, dovrà ricredersi. Sappiamo chi
l’ha vinto alla fine e chi è andato al mondiale. Non un bel mondiale fino ad
ora, per lui, che già rischia di essere fuori. Ancora una volta i giallo-blu
hanno combattuto, hanno fatto tutto quello che potevano fare, ma ancora una
volta hanno trovato un fenomeno, qualcosa di inspiegabile. È il miracolo del
calcio. Zlatan annuncia che non parteciperà più ai Mondiali e questo non
dispiace solo agli svedesi, ma a tutti quelli che avrebbero voluto vedere il
suo calcio spettacolare, fatto di forza fisica, accelerazioni e colpi di tacco
assurdi.
Con le amare parole di questo campione si conclude la storia
della nazionale svedese fino ad oggi. Una storia di lotta, una storia di
successi, di sconfittte, di vittorie, di pianti, di sudore, di parole pesanti,
di campioni intramontabili. È comunque incredibile pensare a quanta poesia ci
sia in un calcio dato ad un pallone. Dal nord al sud, dalla Svezia al Camerun,
dalla Russia all’Amerca, tutti possiamo ritrovarci in un bel prato verde e
giocare, come se non esistessero barriere, niente confini, niente guerre, solo
un pallone e tanti amici. Ho cominciato la mia storia con una citazione di uno
scrittore irlandese, la chiuderò con una frase di un’intellettuale francese.
Come disse Albert Camus: “Non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più
felice che in uno stadio di calcio"
complimenti per il traguardo!
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