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lunedì 21 dicembre 2015

Marta Carissimi, annata con lode in Islanda e Italia

Marta Carissimi, classe 1987, è centrocampista dell'AGSM Verona, della nazionale italiana e vanta un'esperienza con le islandesi dello Stjarnan. La sua disponibilità ci ha permesso di approfondire il mondo del calcio islandese e femminile.

Per quanto riguarda quest'ultimo, come spesso succede, in un contesto europeo dove questa disciplina gode di attenzioni ed investimenti, l'Italia riesce a distinguersi in negativo. L'Italia è il paese del calcio a metà: lo spazio dato al calcio maschile è inversamente proporzionale a quello dato al calcio femminile.

Tutto ciò si riflette sulla sua competitività internazionale che ha vissuto un periodo buono a cavallo degli anni 90' per poi annaspare nei successivi anni. Solo di recente la FGCI ha iniziato a mettere in campo qualche progetto concreto e la nazionale di Cabrini ha sfiorato ai playoff la qualificazione ai prossimi mondiali.

Marta con la maglia dello Stjarnan (da veronacalciofemminile.com)

1) Il calcio femminile in Italia è un movimento in crescita, sia come risultati che come seguito, ma non ha ancora la visibilità che meriterebbe. Quale è secondo te lo stato di salute del calcio femminile italiano?

Ad oggi siamo ancora distanti rispetto alle altre nazionali. Oltre alla solidità dei paesi che da sempre investono sul calcio femminile (Germania e paesi scandinavi in Europa, Stati Uniti oltre oceano) anche tutti gli altri paesi, tra cui quelli dell'est, stanno investendo ormai da diversi anni e la crescita del movimento è esponenziale. 
In Italia purtroppo c'è proprio una reticenza culturale da oltrepassare, un'attenzione allo sport che non sia calcio maschile che ancora manca.
Ora la federazione ha iniziato a investire sulla crescita del movimento con ottimi progetti, il più importante dei quali l'apparentamento con i club maschili che sicuramente darà i suoi frutti tra qualche anno.


2) Cosa gli manca per fare il salto di qualità e tornare a giocarsi un trofeo internazionale sia a livello di club che di nazionale?
Difficilmente si vince per caso, ma ci si arriva dopo un percorso di crescita e miglioramento. A noi manca poter "giocare alla pari" con le squadre e nazionali estere. Non è un qualcosa a cui possiamo arrivare dall'oggi al domani, ma è un obiettivo che si può raggiungere. Personalmente penso che da un lato bisogna allargare la base di praticanti così da poter accrescere la qualità e avere più scelta e competitività tra le giocatrici. Dall'altra iniziare ad avere la cultura del lavoro, capire che per raggiungere obiettivi importanti bisogna fare fatica perché è raro ottenere il massimo con il minimo sforzo.


3) Cercando informazioni sull'attività della Federazione a sostegno del calcio femminile ci si imbatte continuamente nelle tristemente famose dichiarazioni di Belloli. Tralasciando questo episodio, cosa sta facendo di concreto la FIGC per migliorare questa disciplina?
Come dicevo prima la FIGC ha diversi progetti in corso, il più importante dei quali è l'apparentamento delle squadre femminili con i club maschili che permette loro di acquisirne titoli e diritti sportivi. Inoltre c'è l'obbligo per le società maschili di serie A e B di avere un Under 12 femminile composto da 20 bambine, che il prossimo anno andrà ad estendersi anche alle squadre di serie C. Questo permetterà in cinque anni di avere squadre maschili con settore femminile dall'under 17 all'under 12, allenate con metodologie e tecnici delle squadre professioniste... questo potrà essere veramente un ottimo mezzo per fare un bel salto di qualità.

4) Secondo te a livello internazionale quali sono le federazioni che lavorano meglio e da prendere come esempio?
Si può prendere esempio da molte federazioni, e magari trarne il meglio da tutte visto che abbiamo la "fortuna" di arrivare dopo e quindi poter copiare da chi il lavoro lo ha fatto prima di noi.
Stati Uniti e Germania sono da sempre le nazioni con più praticanti, i paesi nordici hanno una cultura sportiva importante, ma senza allontanarsi troppo o puntare a qualcosa di irraggiungibile basta affacciarsi in Francia. Dal 1998 hanno intrapreso un programma di sviluppo con 7 centri federali nelle varie regioni francesi dove le giovani ragazze di interesse nazionale, selezionate su 3 annate, vengono fatte studiare e allenare dal lunedì al venerdì tutte assieme da tecnici federali. Il fine settimana vanno poi a giocare con i proprio club di appartenenza. Queste ragazze sono poi quelle che comporranno le nazionali Under 19 e maggiore, arrivando però da anni in cui si allenano sempre assieme come fossero una squadra di club. I risultati della Francia sono impressionanti: da 15.000 a 65.000 praticanti, vittorie di 3 europei  Under 19, campionesse mondiali 2012 Under 17 e la nazionale maggiore che a febbraio giocherà per l'accesso alle olimpiadi.

5) L'anno scorso sei partita per l'Islanda. Come mai questa scelta? Come è nata questa opportunità?
Ho sempre voluto fare un'esperienza all'estero per confrontarmi con culture diverse e con un calcio differente dal nostro, ma ho rimandato perché volevo terminare gli studi universitari. E cosi ad un passo dalla laurea si è presentata la possibilità di giocare in Islanda: parlavano inglese, e questa era una delle condizioni necessarie perché andassi fuori dall'Italia, la squadra lottava per il titolo e avrebbe giocato la champions league...la scelta non è stata difficile.

6) In Islanda hai passato una sola stagione, durante la quale però hai vinto il campionato e hai avuto l'opportunità di giocare in Champions League. Come è stata la tua esperienza con lo Stjarnan? Come mai è durata un solo anno?
La stagione non poteva essere migliore avendo vinto sia campionato che coppa d'islanda. Ho fatto un'esperienza formativa importante: mi sono confrontata con un calcio molto più fisico del nostro e con una mentalità diversa da quella italiana, ma con la quale mi sono trovata subito in sintonia. Ho incontrato nel mio percorso persone eccezionali e ho fatto esperienze che mi hanno permesso di crescere e migliorarmi come donna e come atleta. Mi sento arricchita.

7) Come è stata la tua vita a Garðabær al di fuori del campo?
Ho cercato di visitare il più possibile e ho scoperto una terra che offre paesaggi naturali mozziafiato e molto diversi tra loro: dai gayser al ghiaccio, dai fiordi dell'ovest alla spiaggia nera di Vik, dalle pozza d'acqua calda in mezzo al nulla alla sequenza di cascate immerse nel verde. 

8) Per lo Stjarnan il 2014 è stato un anno magico in cui, oltre al vostro scudetto, è arrivato anche il primo titolo della squadra maschile. Quanto è stata sentita questa vittoria?
Non era mai successo che lo Stjarnan maschile vincesse uno scudetto e nello stesso anno il femminile vincesse campionato e coppa: è stata una grande festa sentita molto da tutti, sia giocatori che sostenitori.

9) La nazionale femminile islandese è già da anni ad ottimi livelli, arrivando già ai quarti dei campionati europei. Quest'anno c'è stata la storica qualificazione della nazionale maschile. Quale è stata la tua impressione del movimento calcistico islandese nel suo complesso?
In Islanda anche il calcio maschile è dilettantismo, questi risultati sono sorprendenti. I ragazzi studiano e lavorano e la sera vanno ad allenarsi, quindi si respira ancora quel clima di passione e divertimento che purtroppo nel nostro calcio maschile si è perso ormai da tempo.

10) Di recente, Melania Gabbiadini ha stigmatizzato l'astio che c'è fra le tifoserie di Verona e Napoli, dicendo che se non è razzismo poco ci manca e invitando a comportarsi più serenamente. Quali sono le differenze maggiori che hai visto fra il calcio islandese (sia maschile che femminile) rispetto a quello del Bel Paese?
In Islanda non esiste nulla di tutto quello che accade nei nostri stadi. Lì i loro stadi sono campi con tribune da non più di 5000 spettatori, senza alcun tipo di barriera. Le partite sono invase da bambini che sostengono i loro beniamini da bordo campo e al termine della partita si riversano in campo per salutarli e fare qualche foto con loro o tirare qualche calcio al pallone assieme, e tutti i giocatori sono sempre disponibili sia che abbiamo vinto o che abbiano perso. In Islanda la domenica è una festa andare a vedere partita di campionato della propria squadra, non una guerra.

11) Quali sono state le esperienze più curiose che hai vissuto lassù?
Non ce n'è una in particolare perché è stata una continua scoperta di tradizioni e abitudini completamente diverse dalle nostre, che talvolta mi hanno fatto sorridere o rimanere un po' basita.
E poi con loro parlavo inglese, o meglio sono andata lì apposta per poter imparare a parlarlo fluentemente...e devo dire che in più di un'occasione ho fatto traduzioni letterali da italiano a inglese per le quali le mie compagne ridono ancora oggi!

12) Come è stato il tuo ritorno a Verona, con annesso scudetto?
Direi l'anno quasi perfetto: laurea, campionato islandese, coppa islandese e scudetto italiano. La perfezione l'avrei raggiunta vincendo anche la Coppa Italia... ma per questa volta mi sono accontentata ;-)

13) Con la nazionale, che l'anno scorso ha sfiorato la qualificazione ai Mondiali canadesi, stai collezionando molte presenze. Quale è il tuo rapporto con la maglia azzurra e con coach Cabrini?
Indossare la maglia azzurra da un lato è un onore e mi sento fortunata di poter giocare e confrontarmi in palcoscenici internazionali, dall'altro si ha l'onore di onorarla al meglio in campo e fuori per essere d'esempio alle giovani che si affacciano a questo sport. 

14) Quali sono i tuoi sogni e le tue speranze per il futuro?
Ho dei traguardi calcistici da raggiungere e obiettivi di vita e lavorativi molto chiari, ma sono abituata a lavorare un passo alla volta.

2 commenti:

  1. Complimenti a Marta allora! Il calcio femminile sta crescendo di livello in maniera molto rapida.

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  2. Complimenti per aver realizzato questa intervista siete grandi!

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